MAURO UBERTI


A richiesta un pianoforte può anche parlare rispondendo alla voce umana

Perché vocali chic nella gola di Gassman


 


I movimenti della lingua, della mandibola e delle labbra modificano i volumi delle cavità buccale e faringea e condizionano l'altezza delle formanti. Si osservi come all'aumento progressivo del volume della cavità buccale dalla /i/ alla /u/ corrisponda l'abbassamento della seconda formante. Allo stesso modo corrisponde l'innalzamento e il successivo abbassamento della prima formante al diminuire del volume della cavità faringea dalla /i/ alla /a/ ed al suo crescere dalla /a/ alla /u/.

È esperienza comune, per chi abbia in casa una chitarra, sentirla nel bel mezzo di una conversazione dare un suono spontaneamente. È accaduto che qualcuno dei presenti ha pronunciato una sillaba o una parola in un tono che corrispondeva a quello di una delle corde dello strumento.

La sua voce, in termini più precisi, ha vibrato alla stessa frequenza alla quale vibra normalmente quella corda quando è lasciata libera e le ha comunicato la propria energia inducendola a entrare in vibrazione. Tale fenomeno si chiama risonanza e si risolve, in pratica, nel rinforzo dei suono iniziale. Al suono della voce, infatti, si è aggiunto quello della chitarra senza ulteriore dispendio di energia.

L'esperienza si fa molto più interessante se viene ripetuta con un pianoforte. Bisogna alzarne il coperchio, premere il pedale del "forte" - il meccanismo, cioè, che solleva gli smorzatori lasciando tutte le corde libere di vibrare - e gridarvi dentro (non è il caso di badare all'intonazione: tanto, li dentro, le note ci sono tutte).

Non solo si sente il pianoforte entrare in risonanza e prolungare la nota gridata, ma tale suono rassomiglia in modo impressionante alla nostra voce e, in particolare, è caratterizzato inequivocabilmente dalla vocale gridata.

La "magia" è facilmente spiegata. Il suono prodotto dalla laringe (come, del resto, tutti i suoni naturali) è composto da un suono fondamentale, quello che percepiamo come intonazione della voce e da tanti suoni secondari, detti armonici, che gli conferiscono un timbro caratteristico (A.H. Benade adotta come immagine didattica quella di una ricetta gastronomica, alle cui variazioni - date dall'introduzione di diversi ingredienti e dalle loro dosi - corrispondono variazioni del gusto fondamentale dei piatto). In particolare il timbro del suono laringeo è alquanto metallico e se ne può avere un'idea tappandosi le orecchie e cantando a bocca chiusa.

Nel percorrere il canale vocale, però, la voce incontra due grandi cavità: una in gola - la faringe - e una in bocca. Le due cavità si comportano al modo delle bottiglie quando le si usa da fischietto. Se si soffia in un bottiglione da due litri si ottiene un suono profondo mentre soffiando in una bottiglietta di birra se ne ottiene uno più acuto.

L'esperienza insegna che ogni bottiglia ha una risonanza propria - perché anche qui di risonanza si tratta - e che valgono le relazioni: grande volume = suono profondo e piccolo volume = suono acuto.

La voce, dicevamo, percorre il canale vocale, il quale presenta due cavità di risonanza: la faringe e la bocca. I suoni armonici che compongono la voce, capaci di risonare nell'una o nell'altra delle due cavità a seconda della loro altezza, vengono rinforzati per gruppi chiamati formanti e il timbro ne risulta modificato. Le modulazioni del timbro, così ottenuto, vengono percepite come vocali.

Può essere interessante, a questo punto, prendere a sperimentare con la nostra bocca e verificare come, nella pronuncia delle diverse vocali, la lingua e le labbra vengano a delimitare cavità ben definite secondo lo schema della figura. Nel caso della "i", per esempio, si forma fra la porzione anteriore della lingua e la regione alveolare del palato una cameretta di risonanza che determina una formante molto acuta (2700 Hz, quella che dà alla vocale il caratteristico timbro chiaro), mentre la porzione posteriore, risalendo dalla faringe lascia libera una grossa cavità che rinforza, per risonanza, armonici la cui altezza coincide abbastanza bene con le note centrali dei pianoforte (250 HZ).

Nella pronuncia della "u", invece, la laringe si abbassa, il dorso della lingua arretra, le labbra protrudono in avanti e faringe e bocca si trasformano in due grosse cavità capaci di generare le due formanti basse (250 e 700 Hz) che conferiscono a questa vocale il timbro oscuro.


Le note segnate indicano approssimativamente la regione tonale nella quale i gruppi di tasti devono essere premuti. L'altezza esatta e l'ampiezza dei gruppi devono essere trovati per tentativi a seconda del modo personale di intendere le vocali. Attenzione! La mano destra suona all'ottava superiore

Adesso, però, è spiegato anche il fenomeno del pianoforte parlante. Ogni armonico della voce trova nello strumento una corda capace di risonare alla stessa frequenza (o a una molto vicina) e con intensità proporzionale alla sua.

Ecco allora che il suono complessivo, ottenuto dalla somma di tutte le corde entrate in vibrazione, rícalca con discreta fedeltà lo spettro della voce, ivi compresa la vocale di volta in volta pronunciata.

Il passo seguente e inevitabile è quello di chiedere al pianoforte di "parlare" con la sua propria voce. Basterà infatti suonare contemporaneamente coi pugni chiusi dei gruppi di tasti attorno alle note indicate sui due pentagrammi per ottenere dei suoni dal colore inequivocabilmente vocalico. Ma non sarà il caso di pretendere che il pianoforte "parli" con una voce come quella di Gassman: in fin dei conti fra un pianoforte ed un attore qualche differenza c'è.